Pensando al termine ‘canalizzare’ e soprattutto
al sostantivo da cui deriva, viene subito in mente il romanzo “Canale
Mussolini”, di Antonio Pennacchi.
Pubblicato nel 2010 il libro è ambientato
nell’Agro Pontino all’epoca della grande bonifica. Vi si narrano le vicende dei
contadini giunti dal Nordest italiano e trapiantati in questa nuova terra di
frontiera.
Nei poderi lungo questo canale, tra chiuse, rogge
e “cascatelle”, si svolgono le vite dure e a tratti avventurose dei pionieri
veneti e romagnoli in terra laziale.
Indimenticabile la descrizione dello stupore e
dello smarrimento di questi emigranti, catapultati in una nuova realtà dove
tutto appariva estraneo e nuovo: “[…] non c’era nient’altro, non un albero,
niente, tutto spoglio di qua e di là all’orizzonte: il vuoto assoluto. Solo
quella striscia celeste a levante – le montagne – e poi l’argine del Canale
Mussolini. Argine nudo però – terra smossa senza neanche un filo d’erba – non
un argine ma un tumulo, una tomba fresca senza neanche la croce.”

Copertina del romanzo Canale Mussolini, ed. 2010
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